Un milione di ungheresi in preghiera

Dopo il crollo del comunismo la fondazione del cardinale Mindszenty ha avviato un movimento di preghiera tra gli ungheresi, compiendo così la volontà del Fondatore. L'iniziativa è culminata nell'anno di espiazione che la Conferenza Episcopale Ungherese ha proclamato per l'anno 2006. Il 20 agosto il cardinale Péter Erdő ha annunciato che il numero delle persone in preghiera per l'Ungheria aveva raggiunto e addirittura sorpassato il milione: «Già in gennaio è nata la speranza che il vecchio sogno del cardinale Mindszenty di un milione di ungheresi in preghiera si sarebbe compiuta. Il mio predecessore, confessore della fede, espresse varie volte questa grande visione sua. Ora vi annuncio con gioia che ci sono un milione di ungheresi in preghiera! Le loro promesse sono depositate qui, nella basilica di Santo Stefano, in cartelle chiuse. Tutte insieme formano una grande immagine del re Santo Stefano, rappresentato mentre offre il Paese alla Madonna. I più di un milione di ungheresi in preghiera vivono non soltanto in Ungheria ma anche fuori del Paese, addirittura nel mondo occidentale. Così, insieme, ci saranno (saremo) sufficienti ungheresi in preghiera. Così, insieme, mettiamo il futuro del nostro popolo sotto la protezione della Madonna, Patrona dell'Ungheria.»
Nel suo discorso di insediamento il cardinale Mindszenty disse: «Cerchiamo di essere ora un popolo orante. Se impareremo di nuovo a pregare come pregavano i nostri predecessori, ritroveremo in noi una fonte inesauribile di energia e di fede. Anche la mia fiducia si basa sulla campagna di preghiera di milioni di ungheresi e sul rosario che le mani di mia madre stringono con sempre più forza. Non perdete la speranza! Continuiamo imperterriti a professare la nostra speranza.» (1) Nella sua lettera circolare sull'espiazione dell'11 febbraio 1946 scrisse: «L'opera magnifica dell'espiazione degli ungheresi deve scorrere sulla terra ungherese come un fiume augusto di purificazione e la sua forza, dopo essere ascoltata, deve trascendere tutte le onde di sangue, lacrime e peccato. Che il Dio offeso e l'uomo che l'ha offeso siano riconciliati, che giustizia e pace si bacino. Perché l'espiazione? Perché vogliamo sentire la voce del Signore dicendoci: Tu sei il mio popolo. E noi gli rispondiamo: Tu sei il mio Dio.» (2) La sua vita stessa era il miglior esempio di espiazione. Soleva dire: «Dobbiamo prendere l'iniziativa e fare strada, non possiamo restare indietro!» (3) Nella sua lettera circolare di Natale del 1946 esortò così i fedeli: «Tutta la terra dell'Ungheria deve ardere con la preghiera, la fede e l'espiazione come un mare di fiamme. Così possiamo trascendere le blasfemie e la profanazione del giorno del Signore, l'intreccio della negazione di Dio, degli attacchi contro la Chiesa, del rilassamento morale e delle violazioni ripetute di ciascuno dei dieci comandamenti.» (4)
Il cardinale Mindszenty considerava suo compito sacro quello di approfondire nei fedeli lo spirito di preghiera e di espiazione: «Il mio desiderio è un milione di famiglie ungheresi inginocchiate, pregando il rosario alla Madonna, in e fuori d'Ungheria. Tale forza è maggiore delle forze operanti nelle battaglie di Lepanto e Timisoara. Non può far male agli uomini, ma li serve, serve il loro bene e la loro santificazione.» (5) Il suo impegno si basava sull'antica fede cristiana e sulla convinzione profonda del fatto che è Dio a governare la storia. Perciò la preghiera e l'espiazione assicurano che, con le parole della Scrittura, dove il peccato è abbondato, la grazia sia sovrabbondata (cf. Rm 5,20). Ciò nutriva la sua speranza in un futuro migliore per l'Ungheria: Se ci saranno un milione di ungheresi in preghiera, non avrò paura del futuro! (6)
(1) 7 ottobre 1945, in Margit BEKE, Egyházam és hazám I., p. 16.
(2) Lettera circolare sull'espiazione, 11 febbraio 1946, in Margit BEKE, Egyházam és hazám I., p. 80.
(3) Károly MARÓTHY-MEIZLER, Az ismeretlen Mindszenty, p. 226.
(4) Lettera circolare della conferenza episcopale sulla pace, 25 dicembre 1946, in Margit BEKE, Egyházam és hazám I., p. 252.
(5) 3 ottobre 1948, in Margit BEKE, Egyházam és hazám III., p. 147.
(6) Detto basato sulle parole citate di József Mindszenty.